Kunsthaus Graz
sopralluogo di Alessandro Miniussi
Sulle rive del fiume Mur,
all’angolo tra la Südtiroler Platz e il Lendkai, la nuova Kunsthaus di Graz si
presenta come l’insolita composizione formata da un edificio in ghisa e vetro e
da un volume biomorfico lucido e bluastro. Questo accostamento genera nel
visitatore una sensazione di contraddizione e di armonica proporzione fra le
componenti: un’impressione dialogica, che trova spiegazione nel
proposito progettuale di definire il concetto contemporaneo di spazio
espositivo. Gli architetti Peter Cook e Colin Fournier, vincitori del concorso
conclusosi nell’aprile del Duemila, hanno dato vita alla sintesi tra presenza
storica e sperimentazione formale.
©2003 harry schiffer/Graz2003
L’Eisernes Haus, il primo edificio realizzato in Europa con elementi
prefabbricati in ghisa, costituisce l’eredità storica di questa dicotomia, la
struttura che genera la forma. Costruito attorno al 1847, è stato restaurato nei
materiali e ripensato nella distribuzione dei volumi disponibili, per ospitare,
dislocati su quattro livelli, l’ingresso principale affacciato alla Südtiroler
Platz, la biglietteria, lo shop, un laboratorio di arte mediale, la sede della
rivista fotografica Camera Austria e gli uffici amministrativi della nuova
Kunsthaus. La “Casa di Ferro” sembra essere l’appoggio della grande bolla
sospesa nella scenografia urbana di Graz.
La costruzione organica rappresenta il secondo atto dell’intervento, e si
esprime con un linguaggio innovativo in termini di forma che diventa spazio. Il
corpo si mostra come elemento autonomo, la cui superficie era stata concepita,
in fase progettuale, come un involucro in laminato plastico traslucido
integrante un sistema di comunicazione luminoso. La scelta tecnologica finale,
dettata da ragioni economiche e costruttive, adotta, invece, più tradizionali
pannelli di resina acrilica avvolgenti una struttura metallica, la cui tessitura
è interrotta da protuberanze cilindriche volte a nord ( “per catturare la luce
abbiamo inciso la pelle, l’abbiamo tirata verso l’esterno e aperta permettendo
al sole di entrare da nord” C.Fournier ). Il sistema BIX sviluppato dal gruppo
berlinese realities:united, 930 tubi circolari fluorescenti da 40 Watt ciascuno
integrati nell’intercapedine esterna, muta il colore di questa membrana in un
megaschermo a bassa risoluzione capace di proiettare semplici sequenze di
immagini pulsanti e flussi di testo. Ogni anello di luce ha la funzione di un
pixel e può essere controllato da un elaboratore. L’organicità dell’oggetto non
si ferma alla sola forma, il materiale costruttivo diventa un’interfaccia
comunicativa, epidermide sensibile e mutevole nel tempo.
©2003 Alessandro Miniussi
L’apparente nuvola sembra fluttuare, disconnessa dal terreno urbano, al di sopra
di un volume diafano dai confini incerti. Il piano terra è infatti delimitato da
una vetrofacciata continua e interamente coperto dalla superficie incurvata
della bolla. La sua apertura sul Lendkai, immette il visitatore nel foyer, in
comune con l’Eisernes Haus, che da accesso sia ad un ambiente versatile per la
lettura e la comunicazione, sia alla caffetteria, comunicante all’occorrenza con
un ampio spazio multiuso. Dal foyer, con una rampa mobile, si penetra
all’interno della bolla sovrastante e superando un’area dedicata alle opere
degli artisti più giovani, si arriva direttamente al terzo livello che ospita la
prima sala espositiva e un laboratorio di arte mediale equipaggiato con stazioni
informatiche interattive. Una seconda rampa automatica conduce alla sala
espositiva superiore dove le pareti ricurve dell’involucro si estendono sino a
definire la copertura punteggiata dai caratteristici ugelli. La maglia
strutturale si interrompe anche in alcune zone dove un rivestimento trasparente
consente la vista esterna, incorniciando la Torre dell’orologio sullo
Schlossberg e la prospettiva del centro storico oltre il fiume Mur.
©2003 harry
schiffer/Graz2000
©2003 realities:united, Berlino
© foto
philip
©2003 realities:united, Berlino
Le superfici
nude, continue e avvolgenti delle interiorità, renderanno l’opera d’arte unica
protagonista di questi spazi ambigui. La possibilità relazionale tra artista e
visitatore sarà poi completata dall’interazione con la pelle esterna, soggetta
alle metamorfosi causate dagli impulsi luminosi. Le textures visive potrebbero
essere dettate dall’opera ospitata, dall’artista, dallo sponsor privato o dal
visitatore stesso, sfumando la linea immaginaria di separazione tra architettura
narrante e opera d’arte. Alla fine del percorso, il visitatore esce dalla nuvola
ed entra in una galleria vetrata a sbalzo che si affaccia sullo spettacolare
panorama cittadino circostante ( “il contrasto tra questo sottile elemento
architettonico e quello organico è evidente quanto il contrasto tra un ago e la
pelle“ C.Fournier ).
Accostati e collegati da un breve segmento trasparente tra primo e secondo
piano, il volume biomorfico e l’Eisernes Haus, sembrano voler suggerire la
percezione dell’insieme. Le forme sinuose del primo si fondono organicamente con
la solidità strutturale del secondo per conferire innegabile sinergia
all’architettura realizzata.
Alessandro Miniussi,
alessandro@architecture.it
©2003
harry
schiffer/Graz2003
©2003 Alessandro Miniussi
Peter Cook and Colin Fournier,
vincitori del Concorso Internazionale per la nuova Kunsthaus, sono entrambi
professori alla Bartlett School of Architecture, University College London (UCL).
Per l’attuazione di questo progetto, hanno creato un gruppo di lavoro denominato
Arge Kunsthaus che include il loro studio austriaco, Spacelab cook-fournier GmbH,
l’impresa ingegneristica Bollinger+Grohmann di Francoforte, e l’Architektur
Consult ZT GmbH quale partner locale. L’Arge Kunsthaus è appoggiata anche da una
numerosa squadra di tecnici specializzati.
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